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lestat
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Dal Napulegno:

Immaginate che apra un bar in una piazza un tempo molto frequentata, che però per lunghi anni ha conosciuto un triste declino.

I vecchi frequentatori si precipiteranno, ne arriveranno di nuovi più giovani perché la fama di quella piazza è andata oltre le generazioni, il proprietario del bar mostrerà idee ambiziose e perciò il locale sarà sempre pieno con tanta gente che beve pure per strada. Tutti felici.

Passano gli anni, il bar dopo qualche miglioria iniziale, lo schermo piatto, l'abbonamento alla pay tv per guardare le partite, un bell'impianto per la musica, inizierà a non introdurre più nessuna innovazione, mentre la folla non trova un tavolino per sedersi, il personale è insufficiente, si aspetta troppo per una birra, le attrezzature invecchiano, eccetera.
Iniziano a manifestarsi i primi mugugni, ma il proprietario continua come se niente fosse a parlare di allargamento a tutta la piazza, acquisto di altri cento tavoli e quattrocento sedie, sostituzione della tv con una più grande di ultima generazione, assunzione di nuovo personale e chi più ne ha più ne metta.

La clientela si divide, ci sono quelli che ricordano gli anni con la piazza vuota che sono più accondiscendenti e quelli che invece cominciano a considerare il proprietario un cazzaro. Di fronte alle crepe sempre più evidenti nel rapporto con la clientela un tempo completamente soddisfatta e affezionata, il proprietario che viene da un'altra città una sera di fronte alle ennesime rimostranze si mette a urlare che ca**o avevate quando la piazza era chiusa?

Poi parla dei soldi spesi per le attrezzature, i lavori, l'affitto, omettendo di citare i soldi incassati ben visibili nel mutato tenore di vita dello stesso proprietario e della sua famiglia. Il figlio si dimostra completamente incapace di ricoprire il ruolo di responsabilità affidatogli del padre, contribuendo a determinare un clima di tensione anche con i dipendenti.
Lo stesso proprietario periodicamente fa commenti sferzanti verso la città, paragonandola alla sua, dove perfino il cibo è migliore, finché un giorno non dice esplicitamente che non ha nessuna intenzione di alzare gli standard della gestione.
Un tot di clienti lo mandano a fare in cu*o e cambiano piazza, restano quelli che in fondo sono felici di invecchiare insieme al proprietario, al locale, alla mobilia e alle attrezzature, continuando a considerarlo un genio dell'imprenditoria perché in fondo gli ha permesso di tornare in quella piazza a fare le stesse cose fino all'ultimo dei propri giorni, ma pure quelli che continuano ad andarci per rinfacciargli che senza di loro non avrebbe fatto i soldi.

Ecco, considerando che nel pallone non scegli un'altra piazza, perché non è che all'improvviso ti metti a tifare un'altra squadra, questa è più o meno la situazione che si è creata.

Sarebbe bastato qualche promessa inutile in meno e qualche offesa irricevibile trattenuta in gola, qualche soldino in meno in cassaforte, qualche tavolo e sedia in più, una tv nuova ogni tre anni, un po' di extra staff nelle serate di maggiore affluenza, un bar manager invece del figlio incapace, magari l'affitto del locale vuoto di fianco.

Tutto ciò avrebbe fatto del proprietario un vero genio dell'imprenditoria, perché avrebbe compreso che la passione di quella piazza gli avrebbe permesso profitti più alti anche senza diventare il miglior bar della città, ma se non si fosse messo di traverso e se non avesse considerato superflui alcuni investimenti che invece erano necessari in quel momento specifico, grazie alla complicità involontaria di chi è rimasto sotto shock per gli anni in cui ha visto quella piazza vuota e gli va bene pure se il proprietario gli sputa nella birra, che però per sua sfortuna sono sempre di meno.

RDI
L’ottimista è un uomo che, senza una lira in tasca, ordina delle ostriche nella speranza di poterle pagare con la perla trovata.
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