Il moroso Adl finalmente si appresta a pagare!
Inviato: domenica 13 ottobre 2019, 21:51
“Convenscion”
“Rimetti a noi i nostri debiti,
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori”
(Anonimo)
L’estenuante farsa attorno alla convenzione dello Stadio San Paolo si avvia, finalmente, alla conclusione.
Il Napoli ha versato ben 4,5 milioni di euro nelle casse del comune di Napoli, e ha riconosciuto altri 2,2 milioni di debiti, che pagherà a rate, per chiudere tutte le pendenze arretrate, e mai saldate, a partire dal 2015 ad oggi.
Si chiude così una morosità storica, che ha visto episodi penosi, come le pagine di giornale acquistate per stigmatizzare la mala gestio dell’amministrazione comunale da parte di uno dei principali evasori della città, o grotteschi, come la squallida questua per i soldi delle vasche degli spogliatoi del San Paolo.
De Laurentiis ha sempre dato il peggio di sé sullo stadio, e speriamo che la firma della convenzione decennale avvii davvero una pagina nuova nel rapporto tra il club e la città.
Alcuni nuovi progetti allo studio, dal Museo del Napoli alla riqualificazione di tutte le aree ristoro dell’impianto, sembrano andare nella giusta direzione.
Anche l’ipotesi di interventi più incisivi, che richiederanno una nuova istanza da parte del Club e nuovi soci finanziatori pubblici e privati, e che puntano al rifacimento della copertura e della facciata esterna, al ripristino dei parcheggi, alla sistemazione dell’area esterna di Piazzale Tecchio e alla delocalizzazione della pista di atletica, per far spazio a nuove tribune più vicine al campo, sono da guardare con attenzione e interesse. Anche perché potrebbero preludere ad un cambio totale o parziale della proprietà.
Con un orizzonte certo e disciplinato di dieci anni, sarebbe un delitto non programmare nuovi interventi e favorire l’ingresso di nuovi capitali, a partire dal naming commerciale dello stadio.
Oltretutto, come abbiamo sempre scritto su questa pagina, il San Paolo in concessione a lungo termine è un asset che aumenta il valore del Napoli.
E De Laurentiis non poteva rinunciare ancora a questa pur minima patrimonializzazione del club, anche in considerazione dei criteri in via di definizione per la ripartizione delle risorse economiche dei diritti televisivi e delle coppe europee a partire dal 2024, che valuteranno le strutture di proprietà (o assimilate) e la percentuale di riempimento dello stadio, oltre al ranking sportivo.
Per questo, e grazie all’insistenza di Chiavelli e dei suoi familiari per evitare danni patrimoniali ingenti a causa di idiosincrasie personali o di speculazioni politico-elettorali, si è arrivati alla decisione di pagare.
Una conclusione decisamente positiva, ma che non può esaltarci più di tanto.
Alla fine, stringi stringi, si tratta di un moroso, recidivo, che si è deciso a pagare quanto dovuto dopo anni, senza ovviamente né interessi né sanzioni, e a fronte della garanzia di un canone concessorio per i prossimi dieci anni decisamente favorevole.
Ma, piuttosto che insistere sulle ragioni evidenti del comportamento di De Laurentiis (privatizzare gli utili e socializzare le perdite, come il peggior capitalismo insegna), questa vicenda andrebbe analizzata per cercare di capire perché tanti, troppi napoletani hanno così facilmente creduto per anni alle bugie che una stampa compiacente e servile ha raccontato sullo stadio, con l’eccezione di pochi.
Ovviamente, tutti quelli che fino all’altro ieri parlavano dei tornelli pagati da De Laurentiis come del Paltò di Napoleone, tutti quelli che insistevano sul fatto che De Laurentiis avesse “le sue buone ragioni” per non pagare, tutti quelli che strillavano che il San Paolo, anzi il “cesso”, andasse regalato a De Laurentiis, il quale “giustamente” si rifiutava di cacciare un euro, sono spariti.
Spariti, evaporati, svaniti.
Tutti antifascisti all’improvviso, dooo l’8 settembre della convenzione.
Una cosa ridicola? Certamente. Prevedibile? Altrettanto.
Ma il problema è che erano tantissimi, molti più di noi. Il tempo è galantuomo, ma questa del San Paolo rimane per me una vicenda amara, e lo dico innanzitutto da cittadino napoletano.
Sarebbe il caso, invece di sparire così, che queste vergini dei tornelli, queste vestali dei sediolini, si facessero qualche domanda sul perché hanno attaccato per anni il ciuccio dove diceva il padrone, senza nemmeno provare a ragionare.
E non è questione di pallone, ma di dignità.
#forzanapolisempre
FraMa
“Rimetti a noi i nostri debiti,
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori”
(Anonimo)
L’estenuante farsa attorno alla convenzione dello Stadio San Paolo si avvia, finalmente, alla conclusione.
Il Napoli ha versato ben 4,5 milioni di euro nelle casse del comune di Napoli, e ha riconosciuto altri 2,2 milioni di debiti, che pagherà a rate, per chiudere tutte le pendenze arretrate, e mai saldate, a partire dal 2015 ad oggi.
Si chiude così una morosità storica, che ha visto episodi penosi, come le pagine di giornale acquistate per stigmatizzare la mala gestio dell’amministrazione comunale da parte di uno dei principali evasori della città, o grotteschi, come la squallida questua per i soldi delle vasche degli spogliatoi del San Paolo.
De Laurentiis ha sempre dato il peggio di sé sullo stadio, e speriamo che la firma della convenzione decennale avvii davvero una pagina nuova nel rapporto tra il club e la città.
Alcuni nuovi progetti allo studio, dal Museo del Napoli alla riqualificazione di tutte le aree ristoro dell’impianto, sembrano andare nella giusta direzione.
Anche l’ipotesi di interventi più incisivi, che richiederanno una nuova istanza da parte del Club e nuovi soci finanziatori pubblici e privati, e che puntano al rifacimento della copertura e della facciata esterna, al ripristino dei parcheggi, alla sistemazione dell’area esterna di Piazzale Tecchio e alla delocalizzazione della pista di atletica, per far spazio a nuove tribune più vicine al campo, sono da guardare con attenzione e interesse. Anche perché potrebbero preludere ad un cambio totale o parziale della proprietà.
Con un orizzonte certo e disciplinato di dieci anni, sarebbe un delitto non programmare nuovi interventi e favorire l’ingresso di nuovi capitali, a partire dal naming commerciale dello stadio.
Oltretutto, come abbiamo sempre scritto su questa pagina, il San Paolo in concessione a lungo termine è un asset che aumenta il valore del Napoli.
E De Laurentiis non poteva rinunciare ancora a questa pur minima patrimonializzazione del club, anche in considerazione dei criteri in via di definizione per la ripartizione delle risorse economiche dei diritti televisivi e delle coppe europee a partire dal 2024, che valuteranno le strutture di proprietà (o assimilate) e la percentuale di riempimento dello stadio, oltre al ranking sportivo.
Per questo, e grazie all’insistenza di Chiavelli e dei suoi familiari per evitare danni patrimoniali ingenti a causa di idiosincrasie personali o di speculazioni politico-elettorali, si è arrivati alla decisione di pagare.
Una conclusione decisamente positiva, ma che non può esaltarci più di tanto.
Alla fine, stringi stringi, si tratta di un moroso, recidivo, che si è deciso a pagare quanto dovuto dopo anni, senza ovviamente né interessi né sanzioni, e a fronte della garanzia di un canone concessorio per i prossimi dieci anni decisamente favorevole.
Ma, piuttosto che insistere sulle ragioni evidenti del comportamento di De Laurentiis (privatizzare gli utili e socializzare le perdite, come il peggior capitalismo insegna), questa vicenda andrebbe analizzata per cercare di capire perché tanti, troppi napoletani hanno così facilmente creduto per anni alle bugie che una stampa compiacente e servile ha raccontato sullo stadio, con l’eccezione di pochi.
Ovviamente, tutti quelli che fino all’altro ieri parlavano dei tornelli pagati da De Laurentiis come del Paltò di Napoleone, tutti quelli che insistevano sul fatto che De Laurentiis avesse “le sue buone ragioni” per non pagare, tutti quelli che strillavano che il San Paolo, anzi il “cesso”, andasse regalato a De Laurentiis, il quale “giustamente” si rifiutava di cacciare un euro, sono spariti.
Spariti, evaporati, svaniti.
Tutti antifascisti all’improvviso, dooo l’8 settembre della convenzione.
Una cosa ridicola? Certamente. Prevedibile? Altrettanto.
Ma il problema è che erano tantissimi, molti più di noi. Il tempo è galantuomo, ma questa del San Paolo rimane per me una vicenda amara, e lo dico innanzitutto da cittadino napoletano.
Sarebbe il caso, invece di sparire così, che queste vergini dei tornelli, queste vestali dei sediolini, si facessero qualche domanda sul perché hanno attaccato per anni il ciuccio dove diceva il padrone, senza nemmeno provare a ragionare.
E non è questione di pallone, ma di dignità.
#forzanapolisempre
FraMa