La nostalgia della normalità

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Victor29
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La nostalgia della normalità

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LA NOSTALGIA DELLA NORMALITÀ

Leggo le dichiarazioni di Spalletti in conferenza stampa, soprattutto quella in cui dice: «ho ricevuto il preventivo per un camper ed il prossimo anno girerò il quartiere ogni mese così partecipo a tutte le feste rionali» e mi chiedo perché con questo Napoli le cose non possano essere normali, perché a un certo punto deve andare in scena regolarmente questo teatrino indegno che è mortificante per i protagonisti e per la piazza.

Su Spalletti la mia posizione è nota da tempo e va oltre lo stesso Spalletti, perché ritengo altrettanto avvilente che ogni anno si finisca per mettere sulla graticola l'allenatore di turno.

Oggi è opinione comune che il Napoli sia la squadra più forte del campionato. È una valutazione che ritengo sbagliata, ma al di là delle mie convinzioni che valgono come quelle di ognuno di voi mi sembra evidente che a Milano non sentiremo mai parlare di "milanesità", di traguardi che non erano obiettivi, di allenatori eterni colpevoli.

Perché, invece, uno che gioca o allena a Napoli ma non è di Napoli deve fare i conti immancabilmente con questa palla al piede della napoletanità, mentre il nostro capitano paga dazio feroce da anni proprio per il fatto che è napoletano davvero?

È anche una questione di memoria, con la quale la piazza dimentica le cose con una rapidità imbarazzante. Se vado indietro con i post a un certo punto della stagione, leggo in tanti commenti giudizi sferzanti su «Mertens giocatore finito». Lo stesso Mertens la cui assenza è diventata ufficialmente nella narrazione farlocca dominante il motivo per il quale non abbiamo vinto lo scudetto.

Ma lo scudetto era un obiettivo del club? ADL ha detto di no, come non lo erano nemmeno l'Europa League e la Coppa Italia e io mi chiedo cosa ca**o ci facessi sugli spalti in certe serate orrende, senza tifo, con l'incubo delle multe a oscillare sulle nostre teste per il semplice fatto che volevamo stare in curva come c'eravamo sempre andati, se il club non considerava quelle competizioni un obiettivo.

Pure questo ci siamo dimenticati e così io torno da Verona, Bergamo, Empoli, Torino con 100 o 150 euro in meno nel portafoglio, solo per scoprire che secondo una certa narrazione tossica dei social la nostra tifoseria sarebbe finita. Possibile che appena pochi mesi dopo non ci si ricordi più che siamo stati a fine 2019 e di nuovo in questa stagione l'unica tifoseria che ha dovuto subire una guerra surreale dal proprio stesso club? Ve lo ricordate, quando dal divano di cosa ci regalate i vostri giudizi sferzanti?

«Guarda i salernitani in 5.000 a Roma!», si legge da più parti, dimenticandosi che noi con la Roma non ci possiamo proprio andare e con la Lazio non può andarci chi risiede in Campania. Nemmeno a Salerno ci hanno consentito di andare. Sono fioccate multe di 400 euro per esserci messi in piedi a tifare come avevamo sempre fatto. Siamo stati criminalizzati, dopo aver pagato un biglietto per sostenere la nostra squadra.

Però poi alla fine non vi ricordate un ca**o e decretate la morte del tifo napoletano, dopo aver fatto sui social l'apologia dello stadio-teatro... l'unico d'Europa imbavagliato e ridotto al silenzio. E io vi leggevo mentre mi facevo dieci o dodici ore in furgone per tornare da una qualsiasi trasferta al nord.

Non è normale. Non è normale che ogni allenatore venga lasciato solo. Non è normale che un esonero diventi quasi sempre stillicidio con attacchi anche personali per spingere il tecnico ad andarsene. Non è normale che siamo noi a esserci ingolositi, se sogniamo un ca**o di scudetto dopo 32 lunghissimi anni. Non è normale dover fare una guerra per tifare, con biglietti che schizofrenicamente oggi costano 20, domani 50 e dopodomani 35, mentre si fa lo sconto nei settori più costosi dove ci va un pubblico più benestante.

E sono profondamente convinto che finché ci sarà Aurelio De Laurentiis al timone sarà questa la normalità che bisognerà farsi bastare, così distante persino dalla ragionevole passione con la quale suo figlio Luigi ha creato invece una sana relazione con il pubblico di Bari.

E intanto, il pubblico che invece vive di spalti e di partita che non si vede bene, ma si gode come in nessun altro modo, sta riempendo lo stadio per salutare il capitano. Lo sento nei discorsi di mio nipote e dei suoi amici, tutti ragazzi giovani, quelli che secondo un'altra narrazione tossica dovrebbero essere a casa con la PlayStation e invece fanno sacrifici per acquistare biglietti della stagione più costosa della nostra storia. E solo questo mi sembra normale. Mi rasserena perché è esattamente come è sempre stato, in una piazza dove la normalità è diventata un miraggio.

RDI
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